Nel 2022 i costi energetici sono più che raddoppiati rispetto all’anno scorso. Un problema che riguarda tutte le imprese i cittadini, ma che colpisce in modo particolare un settore strategico: l’alimentare. In particolare, tutte quelle attività che lavorano a ciclo continuo con macchinari alimentati ad energia elettrica o con forni a gas come i panificatori.
Categoria che già da mesi si trova costretta ad affrontare costi aggiuntivi per la produzione, a partire dal prezzo delle farine e dell’olio: un mix pericoloso che per molti può significare a breve un’unica strada: la chiusura.
ll grido d’allarme è del Presidente dei dolciari e panificatori di CNA di Reggio Emilia, Marco Simonazzi: “A causa dell’impatto dei costi di produzione, soprattutto quelli energetici, del carburante, del lavoro, delle materie prime, a partire dalle farine, dall’olio, e da altri prodotti alimentari, oltre i costi aggiuntivi dovuti all’applicazione dei protocolli per garantire la sicurezza sanitaria sia per i clienti che per gli addetti, le imprese artigiane dell’arte bianca si trovano a rischio chiusura”.
Il costo che le micro e piccole imprese pagano per l’uso dell’energia nel processo produttivo ha sempre rappresentato un elemento di criticità anche in condizioni “normali”. Tante volte CNA ha denunciato che nelle fasce di consumo più basse (quelle nelle quali sono ovviamente collocate le piccole imprese) si annidano i costi più elevati per unità energetica consumata (addirittura il quadruplo rispetto a quelle delle fasce più elevate). Tante volte la CNA ha segnalato che le piccole imprese italiane spendono per l’energia più dei loro simili all’estero e dei competitors più grandi a livello nazionale. È soprattutto sul fronte del “caro energia” che i panificatori si attendono interventi di aiuto straordinari e urgenti da parte del futuro Governo italiano; sono necessari interventi tendenti all’alleggerimento delle bollette e all’azzeramento di tutti gli oneri di sistema, mettendo un tetto al prezzo del gas a livello europeo.
“Il caro bollette sta diventando una variabile incontrollabile per le imprese della panificazione - prosegue Simonazzi - che distrugge bilanci e redditività aziendali. Non si può sopravvivere con aumenti del 300%. Questo andamento legato all’inflazione ci preoccupa tanto perché il potere d’acquisto delle famiglie sta calando e assistiamo a un blocco dei consumi, nonostante gli operatori abbiano fatto ricadere sui consumatori solo parte dei rincari dell’energia e delle altre materie prime”.
In Italia ci sono quasi 20 mila imprese che producono pane iscritte nel Registro delle Imprese, per il 70% si tratta di imprese artigiane e il rischio è che a fine anno molte di queste chiudano l’attività. Dati alla mano, la situazione è drammatica per i panificatori: “L’osservatorio CNA dice che un 13,6% di imprese non sono più nelle condizioni di proseguire l’attività e un 21,2% sarà costretta a ridurre l’attività e conseguentemente anche l’occupazione – sottolinea Simonazzi - solo per l’Appennino reggiano e per i nostri associati, rischiano di rimanere senza lavoro oltre 50 dipendenti se non verranno messe in atto con urgenza misure di sostegno. Per ogni attività che chiude i battenti ci sono dipendenti che rimangono senza lavoro e famiglie che di conseguenza si trovano in situazione di difficoltà economica”.
Partendo da questa considerazione, CNA Alimentare chiede un azzeramento degli oneri del sistema contributivo previdenziale legato ai Contratti di Lavoro e chiede ai Sindacati di Categoria di collaborare e contribuire all’elaborazioni di proposte da presentare al futuro Governo.
“Se così non sarà, il rischio è che molti imprenditori si troveranno in difficoltà a rispettare gli obblighi dei versamenti fiscali e previdenziali di prossima scadenza. Al futuro Governo, CNA Alimentare chiede misure immediate di “calmierazione” del caro energia per le imprese di panificazione, oltre alla moratoria sui finanziamenti per almeno un anno, come è stato fatto per la pandemia perché – conclude Simonazzi – siamo in una vera e propria emergenza”.